Lonicera

Lonicera L. 1753 è un genere di piante Spermatofite Dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Caprifoliaceae, originario dell’America ed Estremo Oriente. Le piante di questo genere sono comunemente note come caprifogli. Vi appartengono, tra gli altri il caprifoglio alpino (Lonicera alpigena), il caprifoglio comune (Lonicera caprifolium), il caprifoglio mediterraneo (Lonicera implexa) e il caprifoglio peloso (Lonicera xylosteum).
Il termine del genere (Lonicera) fu coniato da Linneo nel 1753 adattando al latino il cognome “Lonitzer”, volendo ricordare il botanico Adam Lonitzer (1528-1586) – in italiano questo cognome si pronuncia Adamo Lonicer – medico condotto a Francoforte. Il nome comune (caprifolium) deriva dal latino ed è composto da due termini: “capra” e “folium” (capra e foglia). Probabilmente questa dizione deriva dal fatto che le capre usano brucare le foglie di alcune specie di questo genere.
Degli altri nomi assegnati a questo genere si può citare Dioscoride che insieme ai greci chiamava queste piante “periclymenon”, che tradotto liberamente significa “accerchiamento” (termine che probabilmente deriva dal verbo “perikleio”, “io mi intreccio”). Ma un’altra etimologia fa derivare questo nome dal “polimorfo” personaggio di Periclimeno, figlio di Neleo, descritto da Omero nell’Odissea. “Madreselva”, altro nome per queste piante, si trova per la prima volta nell’opera dedicata ai medicamenti del medico romano Scribonio Largo.
Gli altri nomi (Vincibosco – Ligabosco) sono di derivazione rinascimentale toscana.
Il portamento sotto il quale si presentano le varie specie del genere è assai diverso: può comprendere piante legnose e arbusti a portamento cespuglioso, sarmentoso, cespitoso (e quindi anche eretto), ma anche rampicante o lianoso (e quindi volubile); possono essere coltivate anche in diversi esemplari ibridi, sempreverdi o caducifoglia. Delle specie spontanee italiane ad esempio metà sono volubili e lianose, l’altra metà invece hanno un abito eretto-arbustivo.
Le piante di questo genere sono molto longeve, ma presentano dei cicli vegetativi intermedi caratterizzati dal fatto che dopo pochi anni di vita si essiccano quasi completamente. A questo punto dalla ceppaia vengono emessi nuovi polloni, che naturalmente dopo un certo numero di anni si atrofizzano e muoiono, ripetendo da capo il ciclo appena descritto.
L’altezza del fusto è molto variabile: da 20 cm fino a 7 m e in genere è molto ramoso. Questa ramosità quasi cespitosa è data dalla presenza di gemme multiple, soprannumerali e in serie sovrapposte nelle zone ascellari del fusto. Un’altra particolarità del fusto è che questo è caratterizzato dalla formazione di un unico strato di fibre “liberiane” (fibre a membrana ispessita che entrano nella costituzione del “libro”, all’interno della corteccia), per ciascun ciclo vegetativo annuale, facilitando così la determinazione della sua età.
Le foglie possono essere persistenti, semi-persistenti o caduche; la lamina quasi sempre è semplice di forma più o meno ovata; la disposizione delle foglie lungo il fusto è opposta a 2 a 2; possono essere picciolate (specialmente nei rami sterili – senza fiori) o sessili. Spesso sono connate ossia sono appaiate e saldate alla base tra di loro e formano quindi una unica foglia amplessicaule attraversata nel centro dal fusto (lamina perfogliata). Le pagine fogliari possono essere glabre o vellutate. In alcuni casi sono presenti delle stipole. Le dimensioni delle foglie va 1 cm a 10 cm.
L’infiorescenza può essere ascellare o terminale. I fiori sono variamente disposti ma sempre in numero relativamente piccolo per ogni infiorescenza. A volte possono essere brevemente pedicellati su 2 brattee e 4 bratteole. Altre volte si hanno capolini sessili o infiorescenze cimose (corte o allungate).
I fiori sono zigomorfi, ermafroditi, tetraciclici (calice– corolla – androceo – gineceo) e pentameri; sono inoltre profumati da sostanze di natura benzoloide (essenze nelle quali prevalgono i composti ad anello benzoico). Questa profumazione si rileva anche spezzando i fusti della pianta.
• Calice: il calice, gamosepalo con 5 sepali saldati, normalmente è breve con 5 piccoli denti.
• Corolla: la corolla, gamopetala a 5 petali più o meno saldati fra di loro, è monosimmetrica (o zigomorfa) a due labbra terminali; quello posteriore è formato da quattro petali concresciuti; entrambe le labbra sono riflesse (ripiegate all’indietro). La parte iniziale della corolla può essere tubolare, campanulata o a imbuto. Il tubo può essere breve o lungo o sottile ma anche gibboso.
• Androceo: gli stami sono 5 con i filamenti staminali inseriti nel tubo corollino; spesso sporgono per un buon tratto dalla fauce della corolla.
• Gineceo: l’ovario è infero con 2-3 o 5 loculi. Si riscontrano anche casi di fusione di ovarii fra due fiori.
• Impollinazione: sono piante a fecondazione entomogama (insetti e farfalle). I fiori delle varie specie attraggono soprattutto le sfingidi e grossi imenotteri come i Bombi che con la loro lunga proboscide riescono a raccogliere il nettare contenuto, fino a metà altezza, nel lungo tubo corollino.
Il frutto è una bacca succosa di colore rosso – violaceo o nero spesso tossica per la presenza di xilosteina. Contiene da pochi a numerosi semi discoidi.
Queste piante allo stato libero crescono su un vastissimo territorio che comprende oltre all’Europa, qualsiasi altra zona posta nell’Emisfero boreale come l’Asia, l’Africa e l’America, con particolare rilevanza per le regioni montuose dell’Asia centrale e orientale. Possiamo infatti considerare l’Himalaya, a una altitudine compresa tra i 3000 e 4000 m s.l.m., l’area di origine del genere Lonicera. comprese comunque anche le zone montuose della Cina occidentale.