Achillea è un genere di piante dicotiledoni della famiglia delle Asteracee, notevole per il numero di specie e di diverse taglie (alcune grandi, altre nane).
Il nome del genere fu fissato da Linneo e deriva dalla credenza che Achille avesse usato queste piante durante l’assedio di Troia (così ci racconta Plinio) per curare le ferite insanabili di Télefo, dietro consiglio di Venere, avendo appreso da Chirone le virtù medicinali delle stesse.
Questo genere comunque doveva essere ben noto ai botanici prima di Linneo. Infatti lo troviamo nell’erbario di Jerome Bock (1498 – 1554) un ministro luterano noto anche col nome di Hieronymus Tragus; anche Robert Morison (1620 Aberdeen -1683) nel suo “Plantarum historiae universalis oxoniens” (1680-1699) chiama alcune specie di questo genere “Achillea montana purpurea”. Mentre a metà del Settecento si registravano già una ventina di specie in coltivazione nei giardini inglesi.
I francesi nominano queste piante “Achillées”, mentre gli inglesi le chiamano “Yarrow” oppure “Milfoil”.
Le piante del genere Achillea sono di tipo erbaceo, perenne, qualche volta anche suffruticose (ma in questo caso non sono molto alte).
Radici secondarie da rizoma.
I fusti ipogei sono del tipo a rizoma; mentre la parte epigea è villosa, semplice o ramificata, ascendente che può raggiungere fino 80 cm in altezza. In generale l’aspetto delle piante è densamente cespitoso.
Le foglie hanno una disposizione alterna e presentano un lieve aroma canforato. La forma è semplice o composta. Le foglie basali sono normalmente picciolate; mentre le foglie cauline in genere non hanno picciolo, e sono quindi sessili.
I fiori sono raccolti in capolini calatidi dal diametro di pochi millimetri in infiorescenze corimbose molto caratteristiche di questo genere. In alcuni casi si riscontra delle infiorescenze di tipo racemoso.
La struttura dei capolini è quella tipica delle Asteraceae: un peduncolo sorregge un involucro a forma emisferica composto da più squame (o brattee) con margine scarioso e nero che fanno da protezione al ricettacolo piatto a pagliette trasparenti sul quale s’inseriscono due tipi di fiori: quelli esterni ligulati disposti in un unico rango e quelli interni tubulosi.
I fiori sono simpetali, zigomorfi (quelli ligulati) e attinomorfi (quelli tubulosi); sono inoltre tetra-ciclici (formati cioè da 4 verticilli: calice – corolla – androceo – gineceo) e pentameri (calice e corolla formati da 5 elementi). Sono inoltre ermafroditi, più precisamente i fiori del raggio (quelli ligulati) sono femminili; mentre quelli del disco centrale (quelli tubulosi) sono bisessuali.
• Formula fiorale: per questa pianta viene indicata la seguente formula fiorale:
K 0/5, C (5), A (5), G (2), infero, achenio
• Calice: i sepali sono ridotti ad una coroncina di squame.
• Corolla: i fiori periferici sono sub-rotondi a disposizione raggiante; iniziano alla base con una corolla tubulosa che termina poi con una ligula allargata con 3-5 denti ottusi. Quelli del disco centrale hanno delle corolle tubulari a 5 denti.
• Androceo: gli stami sono 5 con dei filamenti liberi; le antere invece sono saldate fra di loro e formano un manicotto che circonda lo stilo.
• Gineceo: lo stilo è unico con uno stimma bifido giallo (sporgente dalla fioritura) con le estremità troncate e linee stigmatiche disposte marginalmente; l’ovario è infero e uniloculare formato da due carpelli concresciuti e contenente un solo ovulo.
• Fioritura: da aprile a ottobre.
I frutti sono degli acheni privi di pappo. La forma è compressa quasi appiattita.
• Impollinazione: l’impollinazione avviene tramite insetti (impollinazione entomogama).
• Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l’impollinazione dei fiori (vedi sopra).
• Dispersione: i semi cadendo a terra sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria).
Queste piante sono proprie delle regioni temperate dell’emisfero boreale. È facile quindi trovarle in Europa e nelle zone temperate dell’Asia. Alcune specie crescono anche in America del Nord.
In Italia sono state individuate una ventina di specie spontanee e sono distribuite su tutta la penisola sia su suoli pesanti e umidi, che nei fossi e margini stradali. A volte si spingono fino al limite delle nevi eterne.
Altitudine: dal piano fino a 3000 m. s.l.m. e oltre.
Tra i composti di queste piante è presente l’achilleina un glicoside già usato in farmaceutica, ora solo in liquoreria.
Anticamente (ancora al tempo di Linneo) le specie di Achillea erano molto considerate per le loro proprietà medicinali: astringente e vulneraria. I succhi di queste piante erano usati dai montanari contro le ragadi, le ferite, le ulcerazioni delle varici e le emorroidi. Gli infusi sono indicati anche per i disturbi genitali femminili (mestruazioni irregolari, ansia da menopausa), nei disturbi digestivi.
Si utilizzano per infusi le parti fiorite fatte essiccare in luogo ombroso. La tintura ottenuta lasciando macerare in alcool per alcuni giorni i fiori di achillea, può essere ingerita per alleviare i disturbi digestivi. Viene utilizzata anche in tricologia per trattamenti per le alopecie.
Alcune specie sono utilizzate per scopi alimentari. La specie Achillea moscata viene usata in Svizzera per un liquore stomachico. Mentre alcune “Achillee” in Svezia sono usate per insaporire la birra. La Achillea ptarmica il cui sapore si avvicina all’Artemisia, viene usata nell’insalata. In Inghilterra, dissecata e ridotta in polvere viene usata come tabacco economico da fiuto (viene chiamata “erba da starnuti”). Molto spesso le “Achillee” vengono usate come sostituti del tè. Ma attenzione, certe specie possono provocare violenti conati di vomito!